Le donne prepararono aromi e oli profumati

Leggiamo Lc 23,50-56. Il breve testo sulla sepoltura di Gesù è dominato dalla figura di Giuseppe di Arimatea e dal gruppo compatto e fedele delle donne che avevano seguito abitualmente Gesù. Testi paralleli sono: Mt 27,57-61; Mc 15,42-47: cf Gv 19,38-42.

1. Giuseppe d’Arimatea. – «50Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio» (Lc 23,50-51).

Luca fa di Giuseppe d’Arimatea un ritratto quanto mai positivo, sia sul piano sociale che su quello religioso. – «Membro del Sinedrio (bouleutés), quindi del gruppo dirigente davanti al quale era stato portato Gesù per essere giudicato (22,66-71); «non aveva aderito alla decisione (boulé)» presa nella riunione iniziale (22,1-6), e neppure «all’operato (práxis) degli altri» che si concluse con la cattura di Gesù. Aveva quindi avuto un qualche contatto con Gesù. Era «buono e giusto», quindi ben aperto all’influsso dall’alto. Era di Arimatea, ma aveva interessi a Gerusalemme tanto che, nella città santa, possedeva un sepolcro nuovo a sua disposizione. Matteo ci dice che era «un uomo ricco» (Mt 27,57).

Ancor più, «aspettava il regno di Dio», cioè la salvezza del popolo ebraico cantata nel Benedictus: Dio «ha visitato e redento il suo popolo, 69e ha suscitato per noi un Salvatore potente» (Lc 2,68-69). Matteo dice che «era diventato discepolo di Gesù» (Mt 27,57); Giovanni tramanda la stessa informazione con una piccola aggiunta: «che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei» (Gv 19,38).

2. Si prende cura del corpo di Gesù. – «52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto» (Lc 23,52-53).

«Chiese il corpo di Gesù», ovviamente per la sepoltura che la legislazione ebraica richiedeva anche per i cadaveri di condannati: «lo seppellirai lo stesso giorno» (Dt 21,23). In questa sua opera di misericordia, Giuseppe fu aiutato da Nicodèmo, cioè «quello che in precedenza era andato da lui di notte» (Gv 19,37) e i due, sempre secondo il solo Giovanni, svolgono insieme il lavoro che segue. – «Lo depose dalla croce». Liberare il crocifisso dai chiodi che lo avevano fissato alla croce non era cosa semplice. “Nel caso di Ben Hagkol, il chiodo conficcato attraverso l´osso del tallone si era infitto in profondità anche in un pezzo di legno, e i parenti che avevano recuperato il corpo non erano stati in grado di rimuoverlo” (http://www.antikitera.net/news.asp?ID=892). Di certo, Giuseppe di Arimatea compì quell’operazione con tanta delicatezza e amore. – «lo avvolse con un lenzuolo (syndón)», la sindone che viene conservata a Torino. – «un sepolcro scavato nella roccia», il che richiedeva un piccolo patrimonio, – «nel quale nessuno era stato ancora sepolto», segno di somma venerazione per quel corpo martoriato.

3. Il sabato sta per cominciare. – «Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato» (Lc 23,54). Era di venerdì, al termine del quale ci si preparava (parasceve), verso il tramonto, per la celebrazione del sabato. Forse «le luci del sabato» stanno a indicare le lucerne che erano state già accese: “lavoro” proibito dalla Legge lungo il sabato. Manifestamente, il tempo stringeva.

4. La delicata attenzione delle donne. – «55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto» (Lc 23,55-56).

Luca qui non riporta i nomi delle donne; si ferma sul loro curriculum e comportamento. Sono state discepole di Gesù dalla Galilea facendo passo passo con Lui; e in questo venerdì santo non si sono staccate dalla sua salma, fissando attente lo sguardo sul sepolcro e sulla postura che quel corpo assumeva nella tomba. Se ne tornano a casa e subito incominciano a preparare – per il giorno successivo al sabato – aromi e oli profumati per onorare al meglio il corpo di Gesù. Tutto si svolge nell’umiltà e nell’ardore della fede.

5. Consummatum est. “Tutto è compiuto”. Per Gesù il sepolcro non è un fallimento, ma la prima tappa, conquistata con tanto desiderio e decisione: quella di andare a Gerusalemme (9,51). Ma, né le donne, né Giuseppe di Arimatea, né altri aspettano l’altra tappa, la risurrezione. Questa si imporrà da sola, con le apparizioni dello stesso Risorto. E queste, a loro volta, faranno ricordare i vari preannunci che Gesù aveva fatto della sua risurrezione.

Conclusione. Mi conquisti la frase di Paolo: «Mi ha amato e ha dato sé stesso per me» (Gal 2,20),

P. Crocetti